Maxiprocesso
sul Covid: l’Inchiesta che vuol mettere alla sbarra Politica e Scienza
Bergamo, 10.03.2023 msn - Sta diventando ormai una sorta di
maxiprocesso itinerante l’inchiesta che vuol mettere alla sbarra l’intero mondo
politico e scientifico che nei primi mesi del 2020 dovettero affrontare la
pandemia da coronavirus. L’epicentro è la procura di Bergamo, cui è affiancata
quella di Roma, cui si aggiungono il tribunale dei ministri di Roma e quello territoriale
di Brescia. Quattro diversi filoni d’inchiesta. E si scopre intanto che
l’ufficio orobico diretto dal procuratore Antonio Chiappani avrebbe voluto
sottoporre a intercettazioni telefoniche e ambientali nel 2020 una serie di
medici indagati per falso dopo che avevano deposto sulla chiusura e successiva
riapertura dell’ospedale di Alzano Lombardo. Nel rigettare la richiesta il
giudice Vito di Vita aveva anche un po’ strigliato la procura, stabilendo che
“…appaiono mere supposizioni quelle aventi ad oggetto il concorso nei falsi di
rappresentanti della Direzione del Welfare di Regione Lombardia, mentre certo
l’intercettazione non può essere autorizzata a meri fini esplorativi in ordine
a ulteriori eventuali falsi”. Un bel colpo alla politica della cosiddetta pesca
a strascico così diffusa nelle procure italiane: intercetto alla ricerca di
nuovi reati o di nuovi indagandi futuri. Meno male che esistono anche certi
giudici. A Brescia intanto è tutto pronto per la costituzione del tribunale dei
ministri “territoriale” cui devono essere inviati da Bergamo gli atti che
riguardano l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro alla salute Roberto
Speranza. I loro nomi non compaiono nell’avviso di conclusione delle indagini
della procura perché pur essendo i membri di governi presenti o passati
sottoposti a giurisdizione ordinaria, perché si possa celebrare nei loro
confronti un processo occorre l’autorizzazione preventiva del Senato o della
Camera. La Presidente del tribunale dei ministri che a Brescia dovrà valutare
le posizioni di Conte e Speranza è la giudice Mariarosa Pipponzi, che nella sua
attività ordinaria presiede la sezione lavoro del tribunale. Accanto a lei
altri due magistrati, i cui nomi sono stati già sorteggiati. Cinquecento
chilometri in giù, nel maxiprocesso itinerante che assume sempre più sembianze
pandemiche, abbiamo altri due filoni che si sviluppano nelle aule di giustizia
romane. Uno vive di vita autonoma rispetto alle scartoffie bergamasche, ma
aveva una genesi pressoché identica. Era infatti nato da una serie di denunce
alla procura della repubblica di Roma. Alcune, tra cui quella del generale
Antonio Pappalardo che parlava di un piano di “sovversione dell’ordine
mondiale”, erano nate nel mondo dei negazionisti, quelli che non si sono mai arresi
all’evidenza del virus, anche se poi alcuni di loro purtroppo ne sono morti,
come il famoso “Mauro di Mantova”, eroe della trasmissione satirica La zanzara.
Ma la parte più consistente delle denunce, presentate in gran parte da parenti
di persone decedute per contagio da covid, era l’altra faccia della medaglia di
quelle bergamasche. Si imputavano all’ex premier e a una serie di ministri del
governo Conte due, “inefficienze e ritardi” per non aver creato per tempo le
famose zone rosse. Questa inchiesta romana è stata archiviata dal tribunale dei
ministri della capitale. Il decreto di archiviazione farà sicuramente
giurisprudenza e si rovescerà come una doccia gelata sia a Brescia che a
Bergamo. Ma anche sulla perizia del professor Crisanti. Che, a quanto scrivono
quei maliziosi del Foglio, sarebbe solo e triste perché quelli del Pd non gli
rispondono più al telefono (eddai, compagnucci, rispondetegli!). Ecco quel che
dice il decreto: “Il presidente del consiglio, i ministri e i consulenti
scientifici non hanno il possesso del virus, né lo hanno diffuso, e l’aver
omesso, secondo l’assunto di una parte dei denuncianti, anticipati
provvedimenti di contrasto e prevenzione, non integra la condotta illecita
dell’articolo 438 del codice penale”. Inoltre, proprio come si sta affannando a
dire ogni giorno tutto il mondo scientifico, era inevitabile, scrivono i
giudici, che nei primi giorni della pandemia vi fossero “dati incompleti e
imprecisi” sulla cui base assumere decisioni politiche. Saranno sufficienti, queste
parole di buon senso, per indurre all’archiviazione un tribunale di Brescia e
al proscioglimento degli indagati un giudice di Bergamo? Ma intanto
l’infaticabile procura presieduta dal dottor Antonio Chiappani ha già aperto la
strada al quarto filone d’inchiesta, inviando una sorta di stralcio a Roma, ma
a un altro indirizzo rispetto a quello del tribunale dei ministri. Si tratta
della procura, che dovrebbe avviare indagini su tre ex ministri della salute,
Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo e Roberto Speranza per non aver rinnovato il
Piano pandemico, che in realtà riguardava eventuali emergenze di tipo
influenzale, a partire dal 2007 e per gli anni successivi. Sarebbe cambiato
qualcosa se i ministri fossero stati più scrupolosi o se avessero riempito gli scantinati
di imprevedibili mascherine e altri presidi sanitari? Intanto il maxiprocesso
va.